Descrizione
La cultura medica nell’antico Egitto Presentiamo ben volentieri a un pubblico di lettori curiosi e culturalmente motivati (non necessariamente specialisti) questo saggio sulla medicina dell’antico Egitto, che si deve alla scrittura elegante di un addetto ai lavori, docente di semeiotica medica e cultore appassionato di egittologia, non che capace di dar prova, in più occasioni di un assai notevole qualità di narratore: Roberto Zacco è autore, fra l’altro, di un eccellente romanzo storico, intitolato Le braccia del sole, che propone, con piena aderenza antiquaria, profondità d’introspezione psicologica e sobrietà di stile, un autobiografia emozionante di Nefertiti, la sposa mitanna di Akhenaton, il faraone dell’eresia monoteistica. Lo scrupolo documentario del narratore, esposto alle insidie d’un genere (tanto spesso maltrattato!) come quello del romanzo storico, trova conferma a posteriori proprio in questa bella prova saggistica, che ne rileva tutta la coerenza intellettuale: dove l’essere medico storico e un uomo del presente messa a confronto (non rassicurante, non consolatorio) con un passato veramente “altro”, tutto risponde a un esigenza sofferta di partecipazione umana. Homo sun: umani nil a me alienum puto. La trattazione si sviluppa con disegno ordinato e comprensibile anche per i non esperti: una breve, lucida sintesi della storia d’Egitto, dalle origini dell’impero faraonico allo splendido tramonto di età ellenistica; i concetti basilari della problematica antropologico-culturale; la documentazione disponibile vale a dire: manoscritti di argomento medico su papiri; dati desunti dall’autopsia di mummie; immagini nell’arte egiziana di malati, di malformati, di azioni curative e chirurgiche: ed è qui che risalta al meglio l’expertise dell’Autore; poi la figura e il ruolo sociale del medico; infine, i contenuti dell’antica medicina, e cioè le sue effettive conoscenze. Ne scaturisce una rappresentazione della medicina egizia intelligentemente sfumata, in chiaroscuro, dove si riconoscono, allo stesso tempo, un elevato grado di consapevolezza metodologica e molte buone intuizioni nell’ambito della patologia (inclusi alcuni suoi aspetti di carattere quasi microbiologico) e della pratica terapeutica, ma anche una sostanziale ignoranza anatomica dovuta al tabù religioso che vietava la dissezione dei cadaveri e impediva qualunque contatto fra medici e imbalsamatori e una sorta di autolimitazione “filosofica”, tale da impedire un reale e costante progresso conoscitivo. Giustamente Zacco ammonisce quasi subito il lettore a “dimenticare ogni visione moderna della medicina e del concetto di vita – morte sul quale essa è impostata” e, nel finale del libro, osserva non senza ironia che le nostre menti alimentate da duemila anni di cattolicesimo, da trecento di empirismo, da duecento di capitalismo e da cento di marxismo ( … ) sono certo le meno adatte ad accogliere la filosofia, mai scritta dell’antico Egitto
|