Prefazione 
L’evoluzione della distalizzazione
molare: dalle forze extraorali ai dispositivi intraorali no compliance
La distalizzazione molare è una procedura molto
comune nel trattamento delle seconde classi e finalizzata allo scopo
di aumentare il perimetro dell’arcata superiore nei settori
posteriori. Tale procedura trova indicazioni specialmente nel trattamento
di pazienti con protrusione scheletrica mascellare e/o dento-alveolare,
con morso coperto e/o profilo piatto, o in presenza di una mesializzazione
del primo molare conseguente alla perdita precoce dei denti decidui.
Diverse metodiche di distalizzazione molare sono state
descritte nel corso degli anni. Già alla fine del 1800 Kingsley
e Angle utilizzavano dispositivi basati sull’utilizzo delle
forze extra-orali per il trattamento delle Classi II. Le apparecchiature
impiegate da questi Autori erano sorprendentemente simili alle moderne
trazioni extra-orali e risultavano, secondo gli stessi, straordinariamente
efficaci nella correzione del rapporto molare.
All’inizio del XX secolo con l’introduzione
degli elastici intermascellari, la trazione extraorale passò
in disuso, non perché considerata inefficace, ma semplicemente
perché ritenuta una complicazione non necessaria.
Angle e i suoi seguaci erano convinti, infatti, che
gli elastici di II classe non solo erano in grado di spostare i denti,
ma potevano indurre significativi cambiamenti scheletrici. Perché
allora chiedere al paziente di indossare un dispositivo extra-orale,
se i semplici elastici intraorali potevano simultaneamente stimolare
la crescita della mandibola e bloccare il mascellare superiore?
Con l’avvento negli anni ’40 degli studi
cefalometrici, l’ipotesi dei cambiamenti scheletrici conseguenti
all’utilizzo delle forze intraorali non trovò sostegno;
la trazione extraorale tornò ad essere il dispositivo di elezione
quando Kloehn ne dimostrò gli eccellenti risultati nella limitazione
della crescita maxillare e nello spostamento distale dei molari superiori.
Oltre alla trazione extraorale, l’arco bimetrico di Wilson e
la placca rimovibile distalizzante di Cetlin, sono state metodiche
ampiamente utilizzate in passato come approccio non-estrattivo alle
malocclusioni di classe II, ma sfortunatamente tutte queste apparecchiature
avevano l’inconveniente di richiedere la collaborazione del
paziente per avere successo.
I problemi connessi alla predicibilità di questa
collaborazione, del tutto soggettiva, hanno indotto i clinici alla
ricerca di apparecchiature che minimizzassero questo aspetto e la
cui efficacia fosse maggiormente sotto il controllo dell’operatore.
Behrents ha affermato che la collaborazione da parte del paziente
è la chiave del successo più importante in ogni trattamento;
si è visto infatti che la collaborazione tende a diminuire
nel corso del trattamento e l’effetto derivante dall’utilizzo
di dispositivi intra od extraorali che richiedono collaborazione è
impredicibile.
Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli
anni ’90 Hilgers coniò il termine “non-compliance
therapy” rifacendosi ad una serie di dispositivi ortodontici
sui quali il paziente ha poco, se non nessun controllo.
Sono stati proposti così sistemi di distalizzazione
intraorali, la maggior parte dei quali consistono in un’unità
di ancoraggio (che comprende premolari, molari decidui e bottone di
Nance in acrilico con appoggio palatale) e un’unità attiva
che genera la forza distalizzante. Quest’ultima può essere
rappresentata da diverse componenti tra cui: magneti, molle attive
su archi continui o su sezionali (Jones Jig, Distal-Jet, Keles slider),
archi superelastici in Nickel-titanium, molle in beta titanium alloy
(Pendulum, K-loop, Intraoral bodily molar distalizer).
In funzione del posizionamento dell’unità
di distalizzazione e della rigidità/flessibilità del
sistema, tali dispositivi vengono classificati in:
A. Dispositivi con sistema di forza di distalizzazione
flessibile a sede palatale (Pendulum, Distal Jet, Intraoral Bodily
Molar Distalizer, Keles Slider, Fast Back).
B. Dispositivi con sistema di forza di distalizzazione
flessibile a sede buccale (Jones Jig, Lakar Appliance).
C. Dispositivi con doppio sistema di forza di distalizzazione
flessibile a sede palatale e buccale (Greenfield Molar Distalizer).
D. Dispositivi con sistema di forza di distalizzazione
rigida a sede palatale (Veltri’s Distalizer, New Distalizer).
E. Dispositivi ibridi che usano una combinazione di
sistema di forze di distalizzazione rigida buccale e flessibile palatale
(First Class).
Efficacia e limiti dei distalizzatori intra-orali ad
ancoraggio convenzionale
Distalizzazione dei primi molari
L’entità di distalizzazione lineare in
mm dei primi molari superiori è in media di 2,9 mm. Le apparecchiature
con sistema di applicazione della forza palatale sono più efficienti
in termini di spostamento distale dei molari (3,1 mm) rispetto alle
apparecchiature con sistema di applicazione della forza vestibolare
(2,6 mm).
Il massimo range di distalizzazione molare riportato
in letteratura è di 6,1 mm35 ed è stato ottenuto con
il Pendulum di Hilgers.
Tipping distale dei primi molari
La distalizzazione molare non avviene con un puro spostamento
traslatorio ma, poiché generalmente la forza è applicata
coronalmente rispetto al centro di resistenza del dente, ne risulta
una inclinazione controllata della corona. Il valore di tale movimento
è stato stimato essere in media di 5,4°.
A seconda dell’apparecchiatura utilizzata, la
quantità secondo la quale avviene questo effetto indesiderato
varia notevolmente; la revisione della letteratura di Antonarakis
riporta un valore di tipping medio di 8,3° per le apparecchiature
con sistema di applicazione della forza vestibolare di contro i 3,6°
delle apparecchiature con sistema di applicazione della forza palatale.
Ciò probabilmente avviene perché la forza di distalizzazione
a sede palatale genera un momento di intensità minore, essendo
la linea di azione della forza più vicina al centro di resistenza
del dente.
Un dispositivo distalizzante intraorale può
essere considerato tanto più efficiente tanto più tende
a produrre uno spostamento corporeo del molare piuttosto che un tipping
distale della corona.
Distalizzazione dei secondi molari e influenza
sul movimento distale del secondo o terzo molare
L’eruzione dei secondi molari e la presenza della
gemma dei terzi molari rappresentano sicuramente fattori importanti
nel movimento di distalizzazione. Diversi studi concordano sul fatto
che la distalizzazione dei primi molari sia più efficiente
quando i secondi molari sono ancora allo stadio di gemma. Kinzinger
ha però dimostrato che quando la gemma del secondo molare è
situata lungo il percorso di distalizzazione, soprattutto se posta
al di sotto del centro di rotazione del dente vicino, agisce da fulcro
accentuando il movimento di tipping del primo molare. Allo stesso
modo in presenza della gemma del terzo molare, lo spostamento distale
del secondo molare avviene con maggiore tipping, mentre si assiste
ad una distalizzazione quasi del tutto corporea del primo molare.
Pertanto, per limitare il movimento di tipping del primo molare, la
distalizzazione dovrebbe teoricamente essere posticipata fino al momento
in cui il secondo molare è in eruzione o è già
in arcata.
Di contro la distalizzazione contemporanea di primo
e secondo molare comporta però una maggiore durata del trattamento,
l’impiego di forze più grandi e una maggiore perdita
di ancoraggio anteriore. Per tali motivi il momento più opportuno
per effettuare la distalizzazione molare è lo stadio che precede
l’eruzione dei secondi molari. Nel caso in cui la distalizzazione
del primo e del secondo molare debba essere condotta in maniera simultanea,
è fortemente raccomandata la germectomia del terzo molare.
In questo caso si avrà comunque una grande perdita di ancoraggio
e uno scivolamento vestibolare del secondo molare. Una scelta terapeutica
alternativa in questi casi potrebbe essere l’estrazione dei
secondi molari, raccomandata in presenza di una grave malocclusione
di II classe 1° divisione esclusivamente quando la corona del
terzo molare appare morfologicamente ben conformata.
Tale trattamento ha il vantaggio di consentire una
distalizzazione per lo più corporea dei primi molari con un
accorciamento notevo e del tempo di trattamento rispetto ai casi non
estrattivi.
I limiti di questo approccio sono invece:
1. il possibile errato posizionamento dei terzi molari
dopo l’eruzione
2. l’eccessiva distanza tra sito d’estrazione
e sito dell’affollamento: lo spazio creato è nella regione
posteriore, mentre l’affollamento è generalmente situato
anteriormente
3. l’eccessiva rimozione di sostanza dentale:
l’avulsione dei premolari crea circa 14 mm di spazio, mentre
quella dei molari genera 18-22 mm per cui potrebbe essere necessaria
la mesializzazione dei terzi molari per chiudere lo spazio in eccesso.
Teoricamente dal momento che l’estrazione dei secondi molari
viene effettuata quando ancora il terzo molare non ha la radice formata,
l’eruzione di tali denti dovrebbe già avvenire in posizione
più mesiale
4. la possibile sovraeruzione dei secondi molari inferiori.
Movimento mesiale di premolari e incisivi.
Il movimento mesiale dell’unità di ancoraggio
è il principale effetto indesiderato che avviene in conseguenza
alla distalizzazione dei molari mascellari e si manifesta con mesializzazione
e inclinazione mesiale dei premolari superiori, vestibolarizzazione
degli incisivi superiori, aumento dell’overjet. In media si
assiste ad una mesializzazione di 1,7 mm per i premolari e 1,8 mm
per gli incisivi, e ad una proclinazione degli incisivi di 3,6°.
Le apparecchiature con applicazione della forza palatale hanno mostrato
un minor movimento mesiale dell’unità di ancoraggio (1,8
mm vs 1,9 mm di mesializzazione a carico degli incisivi e 1,3 mm vs
2 mm di mesalizzazione premolare) ed una minore vestibolarizzazione
degli incisivi rispetto alle apparecchiature con applicazione della
forza vestibolare.
Cambiamenti verticali dentali e scheletrici
Il movimento di distalizzazione molare si accompagna
a movimenti sul piano verticale dei molari, dei premolari e degli
incisivi. Secondo una recente revisione della letteratura, il movimento
verticale dei molari conseguente all’utilizzo dei distalizzatori
intraorali non è statisticamente significativo. Sembrerebbe,
inoltre, che le apparecchiature con sistema di applicazione della
forza a sede palatale comportino un minor movimento estrusivo a carico
dei molari, ma cambiamenti verticali più importanti per i premolari
e gli incisivi rispetto alle apparecchiature con sistema di applicazione
della forza vestibolare.
Nuove prospettive
Indubbiamente l’avvento delle nuove sistematiche
con l’ausilio di ancoraggi scheletrici intraorali permette il
parziale superamento di molti effetti indesiderati ma apre il grande
capitolo dell’invasività della procedure che deve sempre
essere attentamente valutato prima di essere proposta in un soggetto
di 12-14 anni di età. Il delicato rapporto costo/beneficio
e la prudenza dovrebbero essere sempre tenuti in seria considerazione
in una delle sfide cliniche più entusiasmati che l’ortodonzia
giornalmente ci propone.
Prof. Alberto Caprioglio
Direttore della Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
dell’Università degli Studi dell’Insubria
|